Arteterapia con gli anziani: aspetti pratici

Arteterapia e fiori

Quando si inizia un’attività di arteterapia di gruppo all’interno di una casa di riposo, per prima cosa, si sceglie il setting operativo e si individuano gli utenti da coinvolgere nell’attività, tramite l’aiuto del personale di animazione, che conosce da vicino le persone anziane. L’ambiente scelto per i laboratori dev’essere un posto fisicamente riconoscibile, intimo, tranquillo e accogliente, che vada a privilegiare la condivisione di un obiettivo comune e il senso di appartenenza al gruppo. Dev’essere inoltre luminoso e dotato di sedie e tavolini, sui quali poter disporre tutto il materiale occorrente: i fogli, i pennelli, gli acquarelli sciolti in coppette, i bicchieri con l’acqua, i tovaglioli…

L’incontro potrà aprirsi con l’osservazione di un dipinto, di un colore, di un oggetto o di un fiore, o con la lettura di un breve racconto, di una poesia o di una fiaba. Queste sollecitazioni sensoriali ed emotive costituiranno l’introduzione al laboratorio vero e proprio. I temi suggeriti saranno collegati alla natura, alle sue atmosfere e ai suoi ritmi, per esempio, nella rappresentazione del sorgere della luna, del tramonto, della primavera, di un prato fiorito, delle montagne, del mare oppure della crescita di una pianta. L’esercizio potrà essere sviluppato con diverse tecniche, andando a privilegiare quella ad acquarello su carta asciutta o su carta bagnata, che permette di sciogliere le rigidità. Al termine del laboratorio i dipinti di ognuno saranno appesi ed esposti, per osservarli ed eventualmente commentarli.

La difficoltà che maggiormente possono incontrare gli utenti di una casa di riposo in un laboratorio artistico riguarda soprattutto il pregiudizio di non essere in grado di dipingere, di non possedere abilità artistiche. Spesso appare il timore di sbagliare o il pensare che il lavoro non stia riuscendo bene, cosa che dimostra insicurezza e sfiducia nelle proprie capacità. Queste persone hanno bisogno di continuo incoraggiamento, di rassicurazione, e soprattutto di stimolo.  Si può notare in loro una certa rigidità: sembrano non voler permettere a se stessi di lasciarsi andare alla pittura e al puro colore.

Alcuni anziani, che nei primi incontri si limitano ad una attività di osservazione, a volte riescono a vincere l’inibizione e la paura e accettano di mettersi in gioco, scoprendo la bellezza dei colori. Altri anziani dipingono con fare ripetitivo, ripassando continuamente il pennello nello stesso punto del foglio e arrivando a togliere pezzetti di carta, oppure utilizzano un colore troppo scuro, la cui sostanza si accumula e diventa densa a tal punto che la luce non può penetrarvi, ed esso diventa pesante, sporco, immobile. In tal caso si può mostrare, pulendo i colori con il pennello per renderli più tenui, quanto possano diventare anche leggeri e trasparenti. È bene, dunque, aiutarli a liberarsi pian piano dalla rigidità della forma, in cui spesso tendono a cadere, ad utilizzare i colori in modo da non arrestarne il movimento e da non rendere l’immagine priva di vitalità. La pittura curativa, infatti, vuole condurre piuttosto al movimento libero del colore, variando pittoricamente i contorni sfumati e i contorni netti.

La frequenza degli incontri dev’essere stabilita con cadenza settimanale, in modo che la prestazione d’aiuto sia continuativa, ben strutturata e non rimanga episodica e casuale ma si inserisca ritmicamente nella quotidianità.

A completamento di ogni ciclo del cammino terapeutico, l’animatore potrà predisporre una mostra dei lavori eseguiti, per permettere agli anziani di rivedere il proprio percorso, di venirne gratificati e far conoscere l’attività anche all’esterno, agli altri operatori, ai parenti e ai visitatori.

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