Sulle tracce della dea

Proseguono i miei studi volti a reperire materiale informativo circa le credenze religiose collegate a divinità femminili. Oltre a trovare libri e fotografie, ho deciso anche di organizzare, quando possibile, dei viaggi alla ricerca di antichi luoghi di culto e musei.

All’inizio di agosto ho visitato Malta, arcipelago ricco di siti archeologici, i cui reperti risalgono al neolitico. Ho camminato tra i resti dei templi megalitici di Hagar Qim e Mnajdra, di Skorba e Ta’ Hagrat, di Tarxien e di Ggantija e sono scesa nel ventre della terra nell’Hypogeum di Hal Saflieni. Ai musei archeologici presenti nella capitale La Valletta e sull’ isola di Gozo ho fotografato parti di elementi archittettonici e manufatti originali ritrovati nei vari templi maltesi: splendide statuette della dea madre dai fianchi prominenti, blocchi di pietra decorati con motivi spiraliformi, puntinati o con processioni animali,…

Testo essenziale di riferimento per il mio viaggio è stato quello di Marija Gimbutas, “Le dee viventi” (già utilizzato in precedenza per la mostra a Milano Le Antenate di Venere). A proposito dei siti archeologici di Malta è scritto:

Le antiche civiltà dell’arcipelago maltese lasciarono alcuni dei più stupefacenti templi neolitici, dei veri capolavori artistici; il loro ambiente naturale ispirò le loro tradizioni architettoniche. Queste isole sono formate da coralli e roccia calcarea globigerina: materiali facilmente estraibili e malleabili, ma abbastanza resistenti. (…)
Le linee curve dei templi derivano dalle tombe lobate scavate nella roccia e non dalle abitazioni a pianta squadrata come nell’Europa sud-orientale. I più antichi templi maltesi, risalenti all’inizio del quinto millennio a.C. (per esempio Red Skorba), sono strutture tri-lobate che si dipartono da una corte centrale alla quale si accede attraverso un corridoio.
I primi templi maltesi hanno una forma a uovo evocativa del grembo della dea. Quelli più tardi, del quarto e del terzo millennio a.C. (per esempio Ggantija, Mnajdra, Tarxien) presentano quattro o cinque proiezioni semicircolari che partono dalla sala principale, creando un disegno architettonico che imita il corpo della dea. Infatti le sculture maltesi di figure femminili note come “signore grasse”, rispecchiano la forma dei templi. Gli spiazzi di fronte ai templi sono circolari o ellittici, creando una prospettiva concava che si focalizza sul trilite dell’ingresso. Le gigantesche pietre perforate che sono state trovate negli spiazzi di diversi templi servivano probabilmente per mettere la cavezza al bestiame da sacrificare.
Come le loro controparti dell’Europa sud-orientale, i templi maltesi venivano utilizzati per specifiche funzioni religiose, in particolare per i rituali di morte e rigenerazione. È interessante notare che i templi maltesi spesso sono disposti a coppie, nelle quali un tempio è più grande dell’altro. Ciò può essere interpretato in diversi modi: come rappresentazione della morte e della rigenerazione, maturità e giovinezza, o inverno ed estate. Le coppie di templi potrebbero anche identificare una coppia madre-figlia, come quella che l’antica Grecia individuava in Demetra e Persefone.

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