Diari di colori, immagini e parole (2)

Diario di R. T.

Ai laboratori di Arte-terapia che tengo presso alcune case di riposo in provincia di Cremona e di Brescia partecipano gruppi costituiti soprattutto da donne anziane, per lo più vedove. Negli ultimi mesi ho deciso di lavorare con ciascuna di loro alla realizzazione di un diario personale.

Volevo dare voce alle loro esperienze di donne e di madri poiché spesso simili preziose testimonianze rimangono inascoltate

A tale scopo ho proposto loro l’utilizzo di diversi media: la pittura, il disegno, le immagini di giornale, le fotografie e il racconto orale. In una serie di incontri ho registrato le loro parole sotto forma di intervista o di racconto spontaneo.

Mi sono soffermata sul tema del parto…

Tra le donne che vivono in una delle strutture in cui lavoro, c’è la signora P. G. di 90 anni. Le ho posto diverse domande, invitandola a raccontare come ha vissuto la sua maternità. Lei mi ha confidato di non aver partorito in ospedale ma in casa con una levatrice e di aver avuto una femmina e un maschio.
Nei suoi ricordi dell’evento si mescolano sentimenti contrastanti di dolore e di gioia.
Qui di seguito riporto alcuni stralci tratti dalle trascrizioni delle conversazioni registrate che ho tenuto con lei e con la signora M. R. che le sedeva vicina.

– 11 novembre 2013:
Ho chiesto a P.G. se i suoi figli sono nati tutti e due in casa.
“Sì, con la suocera e la mia mamma, presenti”, ha risposto.
“E come è stato il parto?”
“Mah, il parto è andato tutto bene… Avevo una brava levatrice”.
“Ah, c’era la levatrice…”, ho commentato. E lei: “Eh cat, certo… Sì, sì… La signora V., si chiamava, la signora V. che abitava lì… in via Dante… a Cremona”.
Le ho domandato com’è stato il momento del parto.
Mi ha detto: “Tremavo dalla mattina alla sera, sette e mezza”.
“Perché?”, l’ho interrogata.
“Dolori… Si sono rotte le acque, come si diceva…”.
Le ho chiesto se è successo al mattino e lei ha risposto: “Verso mezzogiorno”.
Poi le ho domandato di parlarmi della sua prima bambina.
“Eh, non mi ricordo… So che è nata all’una e mezza del… alle 13 e 30, insomma. È nata a quell’ora lì. Eeee era bella, era un amore, guardi… e dopo era destinata male…Come le ho detto… Le ho detto, no, che mi è morta a 14 mesi?!”
“Era destinata male… Morire a 14 mesi… e soffrire…. Oh Signur, basta chei ricordi che…” (Momento di silenzio).
Le ho chiesto se ha allattato entrambi i figli. “Sì”, mi ha risposto.
La signora M. R., che fino a quel momento era rimasta in silenzio ad ascoltare, ha detto la sua: “Si allattavano tutti. Anch’io…”.
Le ho riferito che però alcune donne della casa di riposo mi hanno raccontato di non aver avuto il latte. Ha subito confermato: “Sì, tanti non avevano il latte…”.
Le ho chiesto cosa si faceva in quel caso e lei: “Cat, gli davamo il ciuccio…”.
(interruzione)
Ho domandato a P. G. come le levatrici imparassero il mestiere.
“Cat, studiavano… Erano laureate. Sì, sì… La signora V. era una laureata”.
Dopo un momento di silenzio P. G. ha proseguito: “Quando m’è nata la bimba, le avevamo messo nome Bianca Maria, perché le due nonne si chiamavano Maria, mia suocera e mia mamma, e… e fuori nevicava, che non le dico, perché è nata il 19 del 2 del ’46…’47… Mah non mi ricordo più bene….”
(interruzione)
M. R. ha aggiunto: “Poi si davano a baglia anche, i bambini. Mi ricordo mio fratellino che…”
Subito P.G. l’ha interrotta: “Se non avevamo il latte noi…”.

– 2 dicembre 2013:
In un’altra occasione ho chiesto a M. R. se voleva riprendere gli argomenti di cui avevamo discusso in precedenza, in particolare del suo fratellino che era stato tenuto a balia.
Lei ha cominciato: “Quella signora là dopo non l’ha più voluto allattare, perché veniva su il tempo di andare nel campo e ce l’ha dato indie.. a noi, il bambino, da andare avanti.. Allora si faceva la pappa, perché mia mamma non aveva il latte”.
Le ho chiesto com’era la pappa.
Lei ha risposto: “Eh, la pappa con il pane grattugiato… e mangiava!”
(interruzione)
Ho domandato anche a P. G. se voleva parlare ancora dei suoi ricordi sulla maternità.
“Allora sì, li comperavamo in casa i figli con le levatrici…
In casa della mia mamma – Ero sposata, ero in casa della mia mamma – e le levatrici venivano in casa a… far nascere i bambini”.
“Cosa si ricorda della sua esperienza?”
Lei ha ribattuto: “Era stata mia tant bela”.
Le ho chiesto perché.
“Al mattino avevo rotto le acque… una cosa che non andava bene, insomma… Ho rotto le acque… Mah, so mia…”.
“Cosa sentiva?”
“Mi sentivo male… Io dal mattino alla sera fino alle sette e mezza ho comprato il figlio”
“Quindi se lo ricorda come qualcosa di molto doloroso?”, ho chiesto.
“Ah, mia tant bel”.
“E quando è nato?”
Ha risposto: “Ah, dopo, cat, era el sul… Era il sole, dopo”.

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